Mike 3rd "The War Is Not Over" front cover

The War Is Not Over è stato presentato domenica scorsa nei digital store di tutto il mondo ed ha immediatamente riscosso apprezzamento e buon feedback da tutte le persone coinvolte. Vi voglio ringraziare per il supporto e per la condivisione del suo arrivo nei vostri profili social.

Dal momento che è un album concettualmente abbastanza complesso ho pensato che vi avrebbe fatto piacere leggere una intervista che ho rilasciato in occasione del suo lancio per capirlo di più:

“The War Is Not Over” ha un titolo suggestivo, come e quando è nata l’idea di un disco contro la guerra? 

Il concetto alla base di “The War Is Not Over” nasce nell’ultima fase de, se vogliamo definirla in questo modo, la mia epoca Hypnoise.

Dopo aver presentato “St. Valentine’s Porno Bar” a Londra nel 2006 ho sentito il bisogno di creare un nuovo album espressione di un profondo bisogno personale. Un impegno artistico contro la più stupida delle dimostrazioni di forza della quale l’umanità non vuole liberarsi, la guerra.

Così ho iniziato a scrivere, ma i tempi non erano maturi. Pensavo già allora che il centenario dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra fosse la condizione ottimale per dare un impatto emozionale appropriato a questo lavoro.

Così gli anni sono trascorsi, alcune collaborazioni si sono sviluppate, altre sono nate, altre sono terminate. Così, mentre lavoravo perché il mio “In The Woods”, (Maracash Records), arrivasse su tutti gli scaffali d’Italia mi rendevo conto che il tempo correva veloce.

Registrando “In the Woods” ho allora terminato la stesura di “The War Is Not Over” ed appena conclusa la prima fase del tour di promozione del primo “pargolo” mi sono chiuso in studio per dare alla luce il secondo.

Sono stati mesi frenetici, sofferti, intensi; un grande dispendio di energie sia creative che finanziarie non avendo purtroppo un produttore esecutivo alle spalle. E’ stato un periodo nel quale la fatica non ha potuto trovare posto, dove un solo traguardo doveva essere raggiunto.

Oggi ci siamo. 100 anni fa l’Italia entrava nella sanguinosa I Guerra Mondiale. 100 anni dopo arriva “The War Is Not Over” ad omaggiare la memoria di tutte le vittime delle guerre, dalla I guerra mondiale a tutti i conflitti che l’umanità ha permesso e permette non accorgendosi della vergognosa manipolazione alla quale viene assoggettata.

A meno di un anno dall’uscita di “In The Woods”, il tuo primo disco solista, ci troviamo di fronte ad un’opera come “The War Is Not Over”.  C’è un filo conduttore che lo lega al tuo disco precedente? 

Nonostante il brevissimo lasso di tempo che separa le pubblicazioni penso che l’unica cosa che li lega sono io, il mio songwriting, il mio peculiare sound.

Non vi è un filo conduttore comune.

Se vogliamo, è naturale che per alcuni versi le liriche di “In the Woods” condividano alcune tematiche proprie anche di “The War Is Not Over” anche se quest’ultimo, per struttura e concettualità, si pone parallelo all’universo dei concept album. Ciò nonostante non lo definirei un concept album vero e proprio.

“The War Is Not Over” è un disco di passione o di riflessione? A quali atmosfere e suoni hai attinto per questo lavoro?

E’ un disco di passione e di riflessione.

Vuole invitare ad analizzare le cose in profondità, ad andare oltre la superficiale analisi, l’amato uso da parte di molti delle scorciatoie del cervello. “The War Is Not Over” vuole dare emozioni, trasportare in visioni.

Nonostante il tema di per sé delicato, portatore di dolore e sofferenza, vuole anche suggerire una visione di speranza ed ottimismo generata dall’intuito, dall’amore nella più larga accezione del termine, dalla fantasia, dalla creatività.

“The War Is Not Over” è un caleidoscopio di atmosfere e di suoni, è pura sublimazione della sperimentazione concettuale dei paesaggi sonori.

La struttura del disco apertamente ispirata a quella dell’opera classica “Quadri di un’esposizione” di Modest Mussorgsky, si presta meravigliosamente a consentire estreme contaminazioni rese possibili dal fatto che, la guerra, è tristemente parte dell’umanità e della sua storia.

Già con “In The Woods” ti abbiamo visto lavorare con special guest, arrivati nei tuoi studi grazie al rapporto di amicizia e stima costruito nel tempo.  Quali sono i collaboratori speciali di questa nuova avventura? Come hanno accolto un tema così forte come quello della guerra? Hai raccolto aneddoti?

Quando mi sono trovato con Pat (Mastelotto n.d.r.) in occasione delle registrazioni di “In the Woods” ho avuto modo di scambiare idee e progetti futuri anche con Tony (Levin n.d.r.) che da subito mi ha comunicato la sua volontà di partecipare e contribuire a “The War Is Not Over”.

Questo nuovo e complesso lavoro mi vede molto impegnato su diversi fronti in quanto, oltre alle chitarre ed alle voci, ho provveduto a tutte le parti di piano, rhodes, tastiere e ad alcune tracce di basso a fianco dei bassisti ufficiali.

È un album complesso, mai spigoloso, prende l’ascoltatore per mano e lo porta con se, convincente e pieno di sorprese.

Per farlo così dagli Stati Uniti sono arrivati degli autentici miti della musica come Tony Levin e Pat Mastelotto, dalla Germania il grandioso Benny Greb, dall’Italia una marea altrettanto grande di gusto, sensibilità artistica e competenza con Iarin Munari, Alberto Stocco, Roberta Canzian, Filippo Galvanelli e Sofia Borgo che, tranne Iarin Munari, avevano già contribuito al mio “In the Woods”.

Complimenti a parte per il songwriting, l’originalità e la qualità delle canzoni da parte degli ospiti, con altrettante battute e barzellette su noi chitarristi (risata) non ci sono grandi aneddoti da raccontare.

E’ stata una full immersion felice e creativa …

Come nasce l’impianto grafico di “The War Is Not Over”?

La copertina del disco nasce da una intuizione di un mio caro amico, Riccardo Berlanda, un giovane grafico di grande talento che l’ha realizzata interamente a mano con pennino a china.

Il resto del booklet nasce dalle mie visioni, volevo un impatto forte e narrativo che si ponesse temporalmente in modo trasversale.

Quando pensi alla guerra ciò che vedi è una distesa di tombe? 

Non solo.

Da tempo, per anni di studi e per un determinato percorso personale, quando penso alla guerra penso alle decine di milioni di vite perse per la gloria e la sete di potere di poche potenti famiglie elitarie.

Penso che tutte queste vite perse gridano attraverso la storia come monito per le generazioni future, per non cadere ancora, nuovamente, nel solito vecchio gioco del “Divide et Impera” che nella sua radice più profonda è origine di tutti i conflitti.

John Lennon con Immagine ha dimostrato di aver compreso, anni orsono, il “core”, il nocciolo della questione, ammiro il suo lavoro con a fianco Yoko Ono per sensibilizzare la popolazione e costruire una società senza guerra.

Non è un sogno da “sessantottino” è una reale possibilità condizionata al risveglio della coscienza dell’umanità. Stop Divide et Impera! Stop War!

Al tuo fianco il fido Ronan Chris Murphy: qual è stato il suo parere sul disco?

Ronan, come tutti i miei collaboratori, è stato da subito interessato al nuovo lavoro considerandolo tanto interessante quanto difficile da realizzare vista la complessità del progetto, gli ospiti importanti ed i tempi assai ristretti.

Quando ha ascoltato le registrazioni che avevo portato a termine il giorno dopo essere arrivato in Italia è rimasto impressionato, ha subito detto che questo è il miglior lavoro di engineering che abbia realizzato.

Particolare cura è stata posta nella produzione artistica curando ogni singolo suono nel dettaglio più raffinato.

Il lavoro che abbiamo fatto assieme ha avuto una ottima base e così è nato, come sostiene Ronan, un album dal suono glorioso proprio di pietre miliari come “The Dark Side of the Moon”, “White Album” per citarne due registrati su profumato nastro analogico.

Ci siamo anche tolti lo sfizio ed abbiamo confrontato un estratto da questo ultimo lavoro con la canzone “Vertigo” tratta dal disco degli U2 “How to Dismantle an Atomic Bomb”, ovviamente è stato necessario un “level matching” che tra l’altro i servizi di streaming hanno iniziato ad implementare.

Nel confronto “The War is Not Over” ci ha colpito profondamente per la profondità, la ricchezza, la corposità, lo spazio tra gli strumenti. La guerra pacifica contro il “Loudness war” ha segnato un altro punto a favore.

Immancabile contributo della filosofia del Prosdocimi Recording, rivolta a restituire il glorioso sound analogico: in questo senso “The War Is Not Over” si pone anche come pietra miliare contro il “Loudness War”? 

Poteva un album intitolato “The War is Not Over” non essere contro il “Loudness war”?

Questo lavoro si pone come importante testimonial nella tutela della qualità e della dinamica dei suoni contro la diffusa e sempre più contestata da tanti addetti ai lavori, guerra del volume.

Una guerra che ha raggiunto livelli inauditi e che in moltissimi casi ha restituito alla storia dei mostri sonori senza dinamica.

Riguardo all’esempio fatto prima, si pensi che il disco degli U2, (nella media RMS dei livelli), è risultato essere approssimativamente circa 10 db più loud di “The War is Not Over”.

Il motivo di tutto ciò risiede nel fatto che, per il gusto di contestualizzare, a parità di volume della radio in macchina, il cervello umano riconosce come più attraente il mix che suona più forte.

Un mix viene reso estremamente loud per scopi puramente commerciali, per sovrastare altri concorrenti se l’utente non alza il volume dell’apparato. Il problema è che per ottenere ciò la qualità e la dinamica si perdono, la musica diventa piatta, se ascoltata a volume più alto addirittura sgradevole.

Per questo, nelle note di produzione del booklet digitale di “The War is Not Over”, già alla seconda pagina, abbiamo detto chiaramente che se si vuole il disco “beautiful and loud” basta alzare il volume del proprio impianto stereo.

La differenza salterà fuori dalle casse.

Buona musica a tutti.